SPECIALE STUPOR MUNDI

Il falconiere siciliano e il mito della falconeria federiciana

Federico II di Svevia (1194-1250), re di Sicilia e imperatore di Germania è annoverato fra i grandi della storia ed emerge nel medioevo come ingegno politico, come campione di civiltà a tal punto da diventare un mythmaker – un creatore di miti, come lo definisce Giuseppe Bonaviri. Prova ne è il fatto che è possibile, ancora oggi, nella cattedrale di Palermo, trovare fiori sulla sua tomba, il sarcofago di porfido rosso, oggetto di ricognizione effettuata nel 1998 da studiosi di chiara fama, proprio per cercare di dare risposte ai numerosi interrogativi ancora aperti sulla sua morte. La profezia della Sibilla Eritrea “vivit et non vivit - egli vive e non vive”, rimane ancora fra i popoli! Probabilmente, tra tutte le eredità lasciateci dal sovrano” in anticipo sui tempi” (D. Abulafia), ne esiste una che, proprio per la sua peculiarità è possibile ancora “toccare con mano”: la falconeria! La concezione federiciana della caccia è fondamentalmente diversa da quella precedente ed essa appare ancor più chiara attraverso le parole scritte dall’Imperatore medesimo nel “Liber de arte venandi cum avibus”. Falconiere egli stesso, Federico si accinse alla redazione di questo testo per mostrare “le cose che sono, così come sono”, per lasciarci la sensazione che il volo dei falconi fosse per lui un rito che si completava col ritorno del volatile sul pugno – “terra del falco”, come efficacemente chiamato, da una Kenning norvegese –, quasi testimonianza di forze arcane capaci di legare in maniera invisibile falco e falconiere. Federico II non è più il principe cacciatore, che si cimenta in cruente tenzoni e che, quasi con rituale guerresco, manifesta la propria forza, potenza, astuzia, fierezza con estenuanti rincorse a cervi e a belve feroci. Le cacce con i rapaci rivelano ben altra astuzia, potenza, intelligenza, abilità e nobiltà! I falconi hanno un ruolo sacro: sono signori del cielo! Con il suo “Liber” egli non insegna uno sport, ma uno stile di vita che per altri cinquecento anni sarà al centro del piacere dell’aristocrazia e il falco, predatore per eccellenza, che nulla perdona all’animale designato al sacrificio, ne diventerà status symbol e ne rappresenterà la supremazia culturale. Il fascino della falconeria è senza tempo: coinvolge proprio coloro che di caccia non s’intendono o che addirittura la ripudiano, che intriga a tal punto da farla considerare una “non caccia”, dove l’unico protagonista è il falco, il suo volo, il suo dominare le prede e noi dal cielo.E sulle ali dei falchi, signori del cielo, il pensiero dello Stupor Mundi si esprime ancora nella cadenzata sequenza dei gesti che da quasi un millennio si ripete e ci trasmette “un’arte del passato che sarà anche un’arte del futuro, per l’uomo che vorrà riscoprire se stesso, mettersi in discussione per confrontarsi con il creato” (Alduino Ventimiglia). Eccola, è lei, Faidda, splendido esemplare femmina di falco lanario che, dopo le sue incruente evoluzioni e dopo la sua picchiata mozzafiato, effettuata a regola d’arte a più di trecento chilometri orari, nei cieli di Geraci Siculo nelle Madonie, ritorna sul pugno del suo artifex, il falconiere Domenico Vazzana. Non c’è pubblico oggi. L’uomo sta addestrando il suo falco nel silenzio dell’ora mattutina e fra i ruderi del castello, sulla rocca a picco sul fondovalle. L’uomo e il rapace hanno avuto un intenso dialogo a grande distanza, a momenti silenzioso, a momenti con richiami in arabo.

Domani si parte per una città siciliana per effettuare una simulazione di volo di falchi nell’ambito di una manifestazione che ha per tema il grande Federico imperatore!Faidda (dal siciliano, scintilla) viaggerà insieme all’altro lanario, Bisavoli (nome di una contrada di Geraci); i due falchi pellegrini Polvere e Amodeo resteranno insieme a Lerris (falco di Herris) nella falconiera: non c’è molto spazio, infatti, nella pur comoda station wagon perché, oltre all’attrezzatura (pertica bassa, pertica alta, logoro, geti, lunga, tornetto, campanella, radio etc..) partirà anche Anacleto, grosso gufo Bubo Bubo. Anacleto non vola, ovviamente, né simula la caccia… starà buono buono in bella mostra su un blocco tutto suo attirando l’attenzione e le carezze di grandi e piccini, che apprezzerà con il particolarissimo movimento dei suoi occhioni cigliati e pluripalpebrati!Presto anche un’aquila farà parte della singolare “voliera” di Domenico Vazzana, novello Jacopo Mostacci (uno tra i migliori falconieri della corte federiciana)! I suoi volatili erano tutti presenti nella falconiera di Federico II, tranne ovviamente il falco di Herris che proviene dagli Stati Uniti! Grazie alla sua passione per i cavalli il nostro falconiere, tredici anni fa, incontra Alduino Ventimiglia di Monteforte principe di Lascaris durante La giostra dei Ventimiglia che si tiene ogni anno a Geraci nel mese di agosto. A. Ventimiglia, nobile siciliano imparentato con Federico II, principe falconiere, vive in un castello in Toscana dove si dedica all’ars federiciana di cacciare con gli uccelli ed è presidente dell’ Associazione Italiana Cavalieri Alto Volo che, in collaborazione con prestigiose istituzioni come l’Università di Firenze e il Corpo Forestale dello Stato, fra le tante attività scientifiche, si occupa dello studio per la reintroduzione nell’ambiente naturale di rapaci nati in cattività. Grande esperto in zootecnia, si interesserà ai cavalli indigeni siciliani di Vazzana, e quest’ultimo ai suoi falchi. Sarà un interesse che andrà sempre in crescendo sino a diventare passione, motivo di studio e di accrescimento culturale. Oggi Vazzana si può considerare l’unico falconiere in Sicilia che segue l’insegnamento di Federico II, tant’è che non fa uso di fischietti per richiamare i rapaci e usa versi e suoni arabo-normanni. Fa parte dell’A.I.C.A.V - Scuola Siciliana di falconeria a Cavallo.Da anni cerca di attenzionare la gente alla salvaguardia delle specie dei rapaci e presta la sua opera di insegnamento alla falconeria presso la sua azienda agricola e, in maniera più organica, anche presso l’Istituto Tecnico Agrario di Castellana Sicula in provincia di Palermo. Egli si può ben pregiare dell’appellativo di falconiere non solo perché assomma in sé le caratteristiche fisiche prescritte da Federico II, ma anche perchè alleva, coccola, nutre, cura i suoi falchi che provengono dall’allevamento di Luriano in provincia di Siena e dall’Inghilterra. Dà loro da mangiare le razioni quotidiane di piccioni e quaglie, li addestra per lunghi mesi, talvolta per anni con sacrifici e rinunce. In natura i falchi cacciano solo per il loro sostentamento. Grazie ad un particolare metodo, l’animale mette in atto la tecnica venatoria a servizio dell’uomo. L’atto predatorio, vero e proprio atteggiamento di caccia, è sintetizzato nella picchiata sulla preda, il momento più spettacolare. “Ma il falco non si affeziona – dice Vazzana – si tratta di un rapporto diversificato che ogni falconiere sa instaurare col proprio falco, rapporto personale e soggettivo. Il rapporto col falco si può sintetizzare nel rispetto dell’animale che, nel momento del volo, può decidere di andarsene”. Ed è capitato che un giovane falco ai primi addestramenti sia scappato via, costringendo il nostro falconiere alla sua ricerca nelle Madonie conclusasi per fortuna felicemente! Ma il falco non si è sottomesso, ha obbedito soltanto a una sorta di meccanico rapporto stabilito con l’uomo: nulla di paragonabile con l’affetto di un cane o di un gatto! Dice Alduino Ventimiglia: – Bisogna fargli credere che sono loro ad usare noi; loro non ti riconosceranno mai come padrone!

È tutto pronto; il pubblico convenuto si dispone come prescritto,
ad una distanza prefissata dal falconiere che tiene sul pugno destro
Faidda incappucciata. Gli sussurra qualcosa,
toglie il cappuccio, ancora qualche segreto accordo…
adesso Domenico comincia
ad agitare il logoro e Faidda si stacca dalla “terra del falco”!
E anche noi ci stacchiamo dalla terra, teatro di quotidianità
e voliamo con lei toccando altezze impensate,
fino a diventare un puntino invisibile nel cielo infinito!

Laura Cassataro in I Siracusani, bimestrale di storia, arte e tradizioni del territorio siracusano -
Sett. Ott. 2006, anno XI n.61/62.