LE BARCHE SIRACUSANE “NON VEDONO PIU’”

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Nel Museo della Marineria di Cesenatico fa bella mostra di se un trabaccolo particolarmente interessante per i due grandi occhi bordati di rosso realizzati ad altorilievo sulla sua prua. Il naviglio sembra guardare dall’alto i visitatori, quasi avesse una personalità sua propria. Era proprio questo l’intento degli antichi che dedicavano l’imbarcazione ad una divinità che, mediante i “suoi” occhi, non solo vedeva la rotta, ma proteggeva l’equipaggio: “occhi apotropaici” (dal greco apotrépein - allontanare), che allontanano il male. Motivo antichissimo e comune a culture fra le più varie, primeggiava in tutto il Mediterraneo e, ancora oggi, lo si può ammirare dipinto a prua sui cinque “buzzetti sarausani” che partecipano al “Palio del Mare”: si tratta delle barche realizzate appositamente da maestri d’ascia aretusei per questa manifestazione, che riproducono le caratteristiche peculiari dei gozzi da pesca tradizionali. In tema di gara, esorcizzare il malocchio è elemento fondamentale della superstizione popolare! Ma se, come in questo caso, l’”occhio apotropaico” è diventato lodevole fatto culturale, oggi è veramente raro trovarlo nella realtà marinara locale: sopravvive solo su alcune imbarcazioni di pescatori siracusani, dediti al lavoro individuale. Sostituito da elementi floreali, da nomi femminili, dalle targhe della barca stessa o peggio, dal nulla, sta scomparendo: le barche siracusane “non vedono più”! Attraccata nel porto piccolo una piccola barca dai colori bianco e blu ancora “guarda” il passante in banchina, che incuriosito si ferma e l’osserva; un cartello posizionato a poppa informa che è messa in vendita. Al probabile compratore un appello accorato: non cancellare gli occhi! Nella città di Santa Lucia, la luce-vista è motivo conduttore sin dall’antichità come ci testimoniano anche le numerose incisioni e dipinture raffiguranti occhi sulla ceramica sin dal neolitico. Infatti, se cinquemila anni fa, nel villaggio trincerato di Stentinello sul mare, a pochi km a nord da Siracusa, un nostro antenato ceramista nel forgiare a mano, senza tornio un vasetto acromo, con un semplice punzone decise di incidervi un occhio o più occhi talvolta cigliati, possiamo anche immaginare che i pescatori della stessa tribù li avessero dipinti sulle loro barche; e se i nostri fondatori Greci amavano il motivo dell’occhio a tal punto da riproporlo anche sulle loro coppe per il vino dette dai tecnici “ad occhioni”, abbiamo il dovere di preservare, tutelare e, perché no, commercializzare questa tradizione che è nata con l’uomo stesso. E’ un motivo che incuriosisce il visitatore che ha modo di apprezzarlo nel visitare il nostro Museo archeologico (settori A- vetrina 14 e B - vetrine 203 e 204). Ridipingiamolo sulle prue e facciamone souvenir con materiali fra i più vari.