NOTO UNA CITTA’ PER DAN BROWN

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Noto, risorta dopo l’Iliade funesta del 1693 con una spettacolare e scenografica sequenza di architetture religiose e civili, lascia incantati i visitatori di tutto il mondo. Catturati nel “Giardino di Pietra”, durante il percorso si alimentano dello specifico stile barocco sino a rimanere stupefatti, quando arrivano a Palazzo Nicolaci. Mettono a fuoco i mensoloni scolpiti sotto i balconi che raffigurano figure stravaganti e rimangono ammaliati da uno in particolare: un personaggio calvo dalla fronte corrugata, che regge nella mano sinistra un flauto. Vuole la tradizione che raffiguri Don Giacomo (1711/1760), detto il “gobbo” per il suo aspetto o l’”alchimista” per la sua passione. Sarà proprio lui a far realizzare il Palazzo così come oggi lo ammiriamo nei primi decenni del sec. XVIII. Appartenente alla famiglia Nicolaci di Villadorata, fu Principe dell’Accademia dei Trasformati, filosofo, matematico, astronomo, poliglotta, cultore dell’ermetismo e dell’occultismo. Da Montpellier, città visitata durante il Gran Tour, portò i progetti per la Casa Senatoria e anche per il suo Palazzo, per la cui costruzione si avvalse della professionalità di Gagliardi. Se sull’appartenenza di Giacomo e dei suoi discendenti alla Massoneria non pare possano esserci dubbi, si possono individuare nella loro dimora i simboli dell’associazione. Con questa chiave di lettura interpretiamo le figure dei mensoloni: fanciulli, la crescita; cavalli alati, la purificazione; sirene, la tentazione; leoni alati, l’uomo in cerca della virtù e il flauto del Gobbo, la saggezza. Lo stemma della famiglia (levriero rampante che si appoggia a una colonna), le colonne spezzate nello scalone che porta al piano nobile, sino al cosiddetto “Salone delle Feste”, sulle cui pareti è dipinta con la tecnica del "trompe I'oeil" una balaustra con colonnato e nel soffitto l'allegoria del Carro di Apollo che insegue l'Aurora, le decine di simboli che riempiono tutte le parti di contorno, ci riportano all’atmosfera di una Loggia. Viene allora spontanea una riflessione di più ampio respiro. Nel clima storico e culturale venutosi a creare proprio tra il XVII e il XVIII secolo permeato dalle idee massoniche, quale migliore campo di sperimentazione poteva essere l’impianto di una città di fondazione come Noto. Elementi del binomio architettura-massoneria sembrerebbero vivi ad ogni angolo: colonne tortili, facciate a torre, scale…e il “Palladianesimo”, architettura di Stato della Massoneria, è evidentissimo nella Casa Senatoria. Si vuole solo suggerire come potrebbe essere intrigante uno studio dell’impianto urbanistico simbolico di Noto. Insomma una città per Dan Brown! Nel flauto del Gobbo come ne “Il Flauto magico” di Mozart il contenuto poteva essere comunicato agli iniziati mediante la simbologia e l’allegoria.