MEGARA IBLEA TRA SOGNO E REALTA'

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A circa km 12 da Siracusa lungo la strada statale 114 in direzione nord un cartello indica il sito archeologico di Megara Iblea. Attraverso una zona depressa, caratterizzata dalle ciminiere degli stabilimenti petrolchimici svettanti tra i pochi alberi e dall’odore intenso e acre che sprigionano, si giunge nei pressi della costa. Alcuni sarcofagi greci collocati sotto un filare di cipressi anticipano la connotazione del luogo. Entriamo nella zona dello scavo percorrendo un viottolo sino alle rovine della città che, fondata nel 728 a.C. da coloni provenienti da Megara Nisea di Grecia fu portata in luce da Paolo Orsi (1888-1921) e indagata sistematicamente negli anni ’50 e ’70 del XX secolo da archeologi francesi (Villard, Vallet, Auberson, Gras). La lettura di uno scavo archeologico non è cosa facile, ma anche al visitatore non addetto ai lavori apparirà chiaro che i livelli superiori delle murature sono nettamente differenti rispetto ai sottostanti poiché la Megara arcaica verrà distrutta da Gelone nel 483 a C. e dopo l’abbandono durato più di un secolo, verrà ricostruita riutilizzando spesso i materiali della prima città. Dalle varie passerelle metalliche si può percepire la globalità del sito individuando i paletti di colore diverso (rosso per la città arcaica, verde per l’ellenistica) e prendere familiarità con l’organizzazione della città nelle due fasi storiche. Sono visibili solo le parti basamentali dei muri delle case ma ciò non toglie fascino e stupore, come quando si entra in quella del ricco Gneo Modio dotata anche di terma privata; vedere le mura, le strade, i pavimenti, edifici pubblici, templi, forni e fornaci, questo è Megara! E la magia è tale che ci immaginiamo il gineceo all’interno di una casa dove una schiava sta facendo una pettinatura di gran moda, il “cappello di capelli” (la permanente) alla sua padrona con un ferro scaldato sul fuoco e un’altra passa il cerussa (fondotinta) sul viso. Sostando nell’agorà, ci si può suggestionare al punto da immaginare i megaresi vestiti con chitone e mantello, che mangiucchiano cicale, castagne abbrustolite e praticano il gioco d’azzardo mentre altri concludono affari e discutono di politica, mentre dal Pritaneo (cuore simbolico e politico della città) si sentono voci concitate poiché è in corso una riunione di magistrati. Approssimandosi l’ora di pranzo, la maggior parte dei cittadini, consuma il pasto in piedi presso bancarelle - fast food o nelle taverne. E a tarda sera ci incuriosisce una donna megarese, un’etéra dai biondi capelli che attraversa il portico per andare nel quartiere sud, e la suola chiodata dei suoi baucides (sandali con la zeppa) lascia l’impronta della parola “seguimi”… Ritornando a casa passando tra ciminiere e serbatoi si ha l’impressione di un triste risveglio dopo un piacevole sogno